MOTO GUZZI SECONDO DANIELE CONFALONE
Terza ed ultima parte dell’intervista a Daniele Confalone, giornalista-tester, direttore di Fotografare e grande appassionato di due ruote. In questo terzo appuntamento affrontiamo il tema delle Moto Guzzi e dei circuiti cittadini.
Veniamo alle moto ed al concorso de ?La Moto del Tempo?: cosa rappresenta per lei il marchio dell’Aquila?
?Rappresenta un pezzo di storia della motocicletta. Forse la storia pi? bella della produzione italiana, visti i momenti difficili che il Marchio ha dovuto superare nel passato, anche recente. E spero rappresenti anche il futuro con una linea di prodotti nuovi e accattivanti. Le premesse ci sono, il peso della storia pure?.
C?? una Moto Guzzi alla quale si sente particolarmente legato o che preferisce a tutti gli altri modelli della casa di Mandello?
?Non ho mai posseduto una Guzzi, per? per lavoro (si dice cos?, no?) ne ho guidate moltissime. Della gamma attuale, mi ? molto piaciuta la V11 nelle sue varie versioni. Quando provai la V11 Le Mans, feci carte false per tenerla oltre il periodo necessario per la prova perch? volevo farci un po? di chilometri per conto mio. Ci sono andato tre giorni in Toscana a godermi il suono del motore, le vibrazioni e la coppia. Della produzione passata ricordo con nostalgia la V7 Sport di un vicino di casa: un?infatuazione infantile. E una volta fui a un passo dal comprare una 1000SP di seconda mano, solo che poi non se ne fece nulla perch? il proprietario chiedeva una cifra che mi fece sospettare che, in fondo, non volesse venderla?.
In Germania e pi? in generale nell?Europa centrale il marchio dell?aquila di Mandello ? molto apprezzato? Secondo lei perch??
?Perch? i motociclisti tedeschi sono molto pi? ?maturi? di quelli italiani. Qui c?? un mucchio di gente che acquista l?ultima supersportiva e un giubbotto di pelle colorato per farci 2.000 km l?anno, preferibilmente fra giugno e settembre.
?In Germania, invece, ci si veste di pelle nera, si va su due ruote anche quando piove (e l? piove quasi sempre) e si comprano moto di sostanza e carattere, elementi ritenuti pi? coinvolgenti delle prestazioni pure.
E poi c?? un fatto: i mitteleuropei percepiscono alcuni modelli italiani come seducenti ?exotic bikes?, depositarie di un fascino che le nipponiche non hanno mai avuto. Questo al di l? delle agevolazioni fiscali e assicurative che favoriscono le moto con prestazioni non esagerate, fattori che pure in qualche modo condizionano l?andamento del mercato?.
Cosa ne pensa del fenomeno Ghezzi&Brian?
?Tutto il bene possibile. Adoro le special, e le G&B sono special di serie. Costano tanto, vanno pi? piano delle jap, eppure convincono per il feeling di guida, sono inconfondibili non solo esteticamente.
Da un po? di tempo la Ghezzi&Brian collabora con la Moto Guzzi per sviluppare i modelli pi? sportivi, tipo la MGS, e questo ? un bene. L?evoluzione ideale di una situazione del genere potrebbe ricalcare quanto ? avvenuto fra Harley-Davidson e Buell: il legame fra i due Marchi ? chiaro, la produzione ? differenziata. Estremizzata in senso sportivo-esclusivo nel caso delle Buell. Ma la percezione che ha l?acquirente, ? quella di rivolgersi comunque a un grande marchio e non a un piccolo costruttore, e quindi di avere tutte le garanzie del caso anche su un prodotto semiartigianale ed esclusivo?.
Cosa ne pensa dei nuovi modelli, la Griso e la Breva?
?La Griso non mi convince: la considero pi? una concept-bike che una moto da comprare a da usare. Un po? sportiva, un po? cruiser? Non so, di sicuro ? un mio limite ma non la capisco. La Breva, invece, mi piace moltissimo. Della 750 lo dico per esperienza diretta, perch? l?ho guidata ed ? una moto semplice e piacevolissima. Per? dovrebbe costare un po? meno, visto che se la vede con concorrenti nipponiche molto valide ma pi? a buon mercato. La Breva 1100, invece, l?ho solo vista ed ? splendida. ? una maxi stradale di classe, elegante e ben concepita: la comprerei. Se si dimostrer? affidabile, credo che possa diventare l?unica degna concorrente delle BMW serie Roadster. E lo dico specificando che considero le boxer R moto estremamente riuscite sotto ogni aspetto?.
Quale futuro si aspetta per l’aquila italiana nel ?dopo Aprilia??
?Mi aspetto investimenti sulle tecnologie e una qualit? costruttiva di alto livello. Spero in un management in grado di non tarpare le ali a progettisti e designer. Una volta, parlando con un responsabile della Triumph quando fu presentata la Baby Speed, appresi che nello stabilimento inglese di Hynckley lavoravano persone selezionate – oltre che coi criteri del caso – in base al fatto che andassero in motocicletta. Operai motociclisti, ingegneri motociclisti, addetti stampa motociclisti, manager motociclisti. Non so quanto quelle affermazioni rispondessero alla realt?, ma non credo che il mio interlocutore avesse voglia di mentire: in quel momento stavamo bevendo una birra, la conferenza stampa sulla nuova moto c?era stata il giorno precedente, e per di pi? m?ero gi? goduto la Baby Speed sulla pista di Cartagena.
Insomma, mi piacerebbe che la Guzzi del ?dopo Aprilia? sia gestita con piglio totalmente motociclistico e non altro?.
Qual ? la sua opinione in merito agli storici circuiti cittadini, come il Tourist Trophy?
?I circuiti cittadini sono anacronistici. Il Tourist Trophy dell?Isola di Man ? anacronistico. I ?reduci? di solito discutono di gloria, di coraggio, di Lap of Honour, di motociclismo vero mica da fighetti. Per? si parla poco di chi ci lascia la pelle. Anzi, a Man, durante lo svolgimento del Trophy, non se ne parla affatto. ? un tab?.
?Ora, sia chiaro, io sono per le scelte individuali. Cio?: non mi sentirei di impedire a qualcuno di partecipare al TT. Personalmente, per?, su quel tracciato porterei al limite solo un Piaggio Ciao senza variatore.
?E lo dico nonostante ben conosca il fascino dei templi storici del motorismo: ho girato un mucchio di volte al Nordschleife, il vecchio Nurburgring, in Germania, che ? un toboga velocissimo. Un posto splendido per trovare i tuoi limiti e quelli della moto, ma spaventosamente privo di spazi di fuga: ogni volta che ?chiudevo? un giro, che per la cronaca sviluppa ben 20 km, avevo la sensazione di essere un sopravvissuto.
?Di recente, al Nordschleife, due tester miei amici – profondi conoscitori del tracciato – hanno avuto un incidente per una causa imprevedibile e sono finiti contro un guard-rail. Per fortuna l?hanno potuto raccontare. Tuttavia io adesso mica lo so se striscerei di nuovo le saponette della tuta sull?asfalto del Ring. Figuriamoci su un circuito cittadino, coi marciapiedi, i muri degli edifici, i paletti della segnaletica e tutti quei cavalli sotto le natiche?.